arancione


Hans Baldung Grien

Colore in bilico tra giallo e rosso, ottenuto quasi sempre per mescolanza, fino alla comparsa dal 1700 in poi di pigmenti di sintesi, l'arancione rimane sospeso anche nel suo valore simbolico. 

Meno geniale del giallo, più pacato del rosso, chiaramente riconoscibile come tale solo nell'equilibrio perfetto della scorza delle arance da cui prende il nome, è energetico, forse sereno, ma senza potersi mai concedere un culmine. 

Poco amato nell'arte, poco stabile, ottenibile in modo puro solo dal Minio e dal Realgar. Il primo, anche se conosciuto già dagli Egizi, essendo un ossido di piombo, annerisce in fretta, e viene poco utilizzato prima della nascita della pittura ad olio, il secondo che si ottiene dal solfuro di arsenico, è altamente velenoso. 

Poi cammini per il museo Thyssen-Bornemisza di Madrid e incontri lei. Orgogliosa dei suoi capelli ramati sulla carnagione aristocratica e pallidissima. Gli occhi orientaleggianti, allungati e stretti, l'ovale del viso tondeggiante e pieno, forse per la giovane età, forse per una agiata grassezza. 

Arancione è il broccato del suo corpetto dai ricami scuri, la bordatura del vestito che contrasta con il velluto di un verde profondo delle maniche e della gonna, l'interno del mantello che si intravede appena, l'oro della pesante catena che si appoggia sulle spalle e dello spesso collare che le cinge il collo. 

Le perle che fanno eco alla pelle, gli smeraldi al vestito. Il tutto su un fondo scuro, scurissimo, così che l'arancio risalti ancora di più. 

E allora scopri quanto può essere fiero.


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